Un Vescovo in carcere

Quinto appuntamento con la rubrica di mons. Giuseppe Giudice, piccoli racconti tratti da storie vere.
Foto di Stefan Schweihofer da Pixabay

Mio padre, oltre a gestire un negozio di generi alimentari, aveva pure il compito di provvedere al vitto e annessi vari per la Casa Circondariale del mio paese.

In quanto gestore, veniva invitato anche per i momenti istituzionali. Per la Befana dei carcerati potevamo accompagnarlo anche noi figli.

Un giorno il Vescovo del tempo aveva presieduto la Messa per i detenuti per qualche occasione particolare.

Chi era stato presente, a pranzo ci raccontava di questo vescovo e del fatto che era stato impressionato dalla capacità del pastore di ascoltare tutta la Parola di Dio, memorizzandola, e di spiegarla in modo semplice ed efficace, senza neanche un foglietto tra le mani.

Poi mi disse, forse intuendo qualcosa: «Se diventi prete, parla sempre in modo semplice e con chiarezza, in modo che anche il più povero possa capire».

E continuò: «Quel giorno in carcere, dopo la parola del Vescovo, siamo stati tutti aiutati a vivere la nostra vita, anche restando tra le sbarre, con una bella parola di speranza».

Sì, la Parola non è incatenata e, anche in un carcere, arriva sempre al cuore di chi ascolta.

Quando le parole sono libere, perché eco dell’unica Parola, anche nelle situazioni più difficili, anche nelle carceri esistenziali fanno fiorire e sbocciare il fiore della speranza.

La Parola fa rifiorire anche il deserto e prepara per ognuno oasi di speranza.

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