Massimo Li Pira, mio padre

A 20 anni dalla sua scomparsa il III Istituto Comprensivo di Nocera Inferiore è stato intitolato al compianto preside della scuola media “Genovesi”. Massimo Li Pira fu una voce autorevole nel mondo della scuola, ma anche un padre tenero e pronto al sorriso per suo figlio Francesco, che ha voluto aprire con noi il cassetto dei ricordi.
Massimo Li Pira con la moglie Annamaria Ieraci Bio e il figlio Francesco

«Non esistono problemi, ma soluzioni da trovare». Massimo Li Pira ne aveva fatto il motto che ha scandito la sua vita. Per Francesco, suo figlio, quella frase è stata il filo rosso per seguire le tracce di un padre scomparso troppo presto.

«Per tante delle scelte che ho fatto nella mia vita ho cercato di pensare cosa avrebbe fatto lui. La stessa cosa mi è stata detta da alcuni suoi colleghi», ci ha raccontato. Non era un uomo comune suo padre, Francesco lo sa bene. Vibrano le corde dei ricordi durante l’intervista. Pezzi di storia che prendono forma per comporre il ritratto del compianto preside della scuola media “Genovesi” di Nocera Inferiore.

Massimo Li Pira era un educatore all’avanguardia, capace di trasformare una scuola di periferia in un fiore all’occhiello dell’istruzione in Campania e non solo. Era il 1984 quando il giovane dirigente scolastico decise di sconvolgere la sua vita: lasciare Milano per accettare la direzione dell’istituto nocerino, ubicato, ai tempi, in un edificio per civili abitazioni.

L’amore, si sa, fa muovere le montagne, così come una appassionante sfida professionale. L’amore, sua moglie Anna Maria Ieraci Bio, docente di Filologia Bizantina e di Lingua e Letteratura Greca all’Università degli Studi della Calabria e all’Università Federico II di Napoli. La sfida era dirigere la scuola media di una cittadina del Sud Italia, con alunni provenienti da contesti periferici e rurali, spesso esposti al rischio di dispersione scolastica.

«Aveva perso il padre quando era molto piccolo e la madre a 16 anni. A Nocera Inferiore aveva trovato una famiglia sia per il matrimonio con mia madre, che quella della scuola e di una città che lo aveva accolto e apprezzato in poco tempo per il suo impegno. Voleva una scuola all’avanguardia, adeguata, accogliente. Un inaspettato baluardo di cultura e legalità in una periferia», continua Francesco.

Un sogno che si concretizza nel febbraio 1991 con l’inaugurazione dell’istituto di via San Pietro alla presenza dell’allora ministro dell’Istruzione, Gerardo Bianco, grande estimatore del suo operato.

• Il giorno dell’inaugurazione della scuola media “Antonio Genovesi”. Nella foto il preside Li Pira, il vescovo monsignor Gioacchino Illiano, il ministro Gerardo Bianco e il sindaco Franco D’Angelo

«Mio padre ha creduto e scelto un modello di scuola aperta a tempo pieno, lo definiva “tempo sperimentale”, con corsi innovativi, laboratori di musica e pittura e campetti per rugby, pallamano, badminton, ippoterapia e tanto altro. Una scuola non solo per i suoi studenti, ma anche per le loro famiglie. C’erano i corsi di italiano per migranti, quelli serali per gli adulti con il CTP, ora CPIA. Una realtà diventata caso di studio in Campania per l’offerta formativa». Un modello antesignano, seppur assolutamente non aziendalista o progetto-dipendente, dell’attuale concezione di scuola.

Massimo Li Pira con i suoi ragazzi

Una istituzione presidio di legalità, quella del preside Li Pira, consapevole di operare in un contesto sociale critico. Voleva sottrarre i ragazzi dal rischio di reclutamento criminale. «Aveva ricevuto numerose intimidazioni. A casa nostra arrivavano buste con bossoli di proiettili – ricorda il figlio –. Ne teneva uno sulla scrivania come monito a continuare con ancora più impegno la sua attività di riscatto dei giovani a rischio. Si inventò i “Tornei della Legalità” nei quali coinvolse le forze dell’ordine in attività educative e sportive per instaurare quel fronte di legalità che fa crescere un territorio libero dalle catene della malavita. Gli avevano proposto di entrare in politica, ma aveva rifiutato per non togliere tempo alla famiglia e alla scuola».

Un impegno costante quello del tenace educatore venuto dal Nord, riconosciuto e richiesto, non solo negli allora Provveditorati, ma anche a livello ministeriale, mantenuto fino alla fine: «Ha affrontato la malattia a testa alta, proiettato al futuro pur consapevole delle sue condizioni di salute. Aveva troppo da fare per i suoi studenti e la comunità. In servizio fino agli ultimi giorni ha tenuto riunioni a casa con docenti e colleghi, scusandosi quasi per l’aspetto segnato dalla malattia, ma per nulla scalfito nella volontà di portare avanti il progetto di scuola al servizio del territorio, luogo da frequentare con piacere e fronte di legalità».

Per continuare la sua opera, è stata costituita l’Associazione Massimo Li Pira che promuove borse di studio per studenti meritevoli. Nella memoria di chi lo ha conosciuto resta il ricordo di un uomo dall’aspetto impeccabile, ma sempre pronto al sorriso: «Non lo immaginava chi si soffermava all’abbigliamento classico e inappuntabile. La ruvidezza era solo apparenza, celava un padre amorevole e giocoso che amava cucinare, un uomo pronto a farsi in quattro per gli altri. Non l’ho mai sentito alzare la voce. Era aperto al dialogo, con grande flessibilità. Non importa chi avesse di fronte. Ci teneva a far sentire chiunque a suo agio. Amici e colleghi lo paragonavano al ministeriale, riferendosi al dolce della tradizione napoletana, dal guscio di cioccolato fondente che racchiude al suo interno un cuore morbido».

Massimo Li Pira bambino saluta l’arcivescovo Giovan Battista Montini

Uno spiccato rigore morale sorretto da una grande fede, maturata negli anni della giovinezza. A Milano aveva frequentato don Carlo Gnocchi e si era laureato in Lettere e Lingue straniere all’Università Cattolica; visse da vicino l’episcopato di Giovanni Battista Montini, oggi san Paolo VI. Nel suo lavoro è stato fortemente influenzato dal pensiero di don Lorenzo Milani.

Anche Francesco ha seguito le orme dei suoi genitori: è docente di materie letterarie nella scuola pubblica e docente all’Università Europea di Roma. «Si potrebbe pensare ad un percorso obbligato, invece è stata una mia scelta, perché ho capito che mi piace lavorare con i ragazzi, come hanno fatto mamma e papa. Formarli per fargli capire che possono scegliere quale indirizzo dare alle loro vite, anche se provengono da realtà difficili».

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