Se da un punto di vista psicologico o fisico è più semplice trovare una definizione per l’esperienza dell’abuso, più complicato è tratteggiare definizioni di un evento che essenzialmente riguarda l’ambito spirituale. Vi sono in ballo almeno due elementi costitutivi: la libertà di Dio che vuole entrare in relazione con la persona e la libertà del singolo che accoglie questo dialogo.
Si tratta di un evento in cui la persona viene danneggiata nel suo rapporto con Dio; ciò avviene in ambiti specifici quali l’accompagnamento spirituale, il colloquio pastorale o la confessione. Si tratta di una manipolazione di ordine emotivo con contenuti di ordine religioso-spirituale.
Tale manipolazione deforma anzitutto l’immagine stessa di Dio, e ciò danneggia la vita di fede.
In questi ambiti, le relazioni sono basate sulla vergogna e su un senso di impotenza appresa: più ci si avventura in tali dinamiche, più si abdica alle proprie capacità fondamentali di discernere e di decidere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Si genera così una forma di regressione indotta, per cui senza la relazione con il leader e con il gruppo ci si sente perduti, incapaci di collocarsi nel mondo e di pensarsi con una propria identità.
Risulta difficile tracciare un identikit della vittima di abuso spirituale, in quanto individui che in circostanze ordinarie sarebbero difficilmente condizionabili, in situazioni particolari sono più vulnerabili e disposti a rinunciare al buonsenso e al proprio equilibrio pur di trovare una soluzione a conflitti personali e a problematiche esistenziali. Spesso si tratta di persone giovani, di età o di cammino spirituale, portate ad una pratica entusiastica ma spesso acritica della fede; altrettanto di frequente si tratta di soggetti vulnerabili per eventi che hanno segnato la loro vita o che hanno già vissuto in contesti abusanti e per i quali lo schema di violenza tende a ripetersi.
Tutto ciò ha un effetto devastante per la persona abusata nel suo rapporto con Dio e con l’idea che ha di Lui. È una situazione in cui Dio appare come capriccioso, punitivo, mai contento di quanto la persona opera e del suo impegno, focalizzato sulla performance spirituale piuttosto che sul cuore.
Un aspetto ritenuto di fondamentale importanza dal diritto e dalla teologia è la distinzione netta tra foro interno e foro esterno. La prudenza e la sapienza della Chiesa hanno sempre codificato misure atte a tenere separati gli ambiti e a chiarirne il loro specifico campo di interesse. In un contesto abusante si assiste a una vera e propria violazione voluta della separazione tra i due ambiti; il risultato è il dominio assoluto su una persona.
Il processo di guarigione dovrebbe partire anzitutto dalla coscienza ecclesiale della comunità, chiamata in causa per dare sostegno concreto a chi ha vissuto la terribile esperienza dell’abuso. Infine, la vittima ha bisogno di capire che, per iniziare un autentico cammino di guarigione, deve allontanarsi dal sistema abusante.
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